Una delle missioni più sentite: calmare il pianto del bambino!
Alzi la mano chi ama sentire piangere un bambino. Non vedo mani alzate. La risposta di tutti gli adulti all’insorgere di urla e lacrime è quella di calmare il pianto del bambino.
Sebbene sia giusto avvicinarci al bimbo e fargli sapere che siamo lì per aiutarlo, calmare il suo pianto non dovrebbe essere il nostro obiettivo.
In questo articolo ti spiego perché non bisogna calmare il pianto del bambino. Ti dirò anche cos’è più produttivo per aiutare i nostri piccoli a superare capricci, delusioni ed emozioni forti.
Come sempre, hai a disposizione anche l’episodio del podcast, per ascoltare questo argomento mentre ti occupi di altro.
Quale scopo ha il pianto del bambino?
Il pianto è comunicazione
Alla nascita, il pianto è l’unico mezzo che il neonato ha per comunicare con il mondo esterno qualcosa che sta vivendo.
Il suo pianto, più o meno disperato, è in grado di comunicare quando ha fame, quando ha sonno, quando ha il pannolino sporco.
Un bambino grande, invece, utilizza il pianto per comunicare di essersi fatto male, o di non star bene a livello emotivo o relazionale.
Piangere è dunque l’espressione di qualcosa che il bambino prova internamente, ma che ancora non sa comunicare tramite un linguaggio verbale o non verbale.

Il pianto rilascia stress
La prima volta che ho sentito questa frase mi sono stupita: il pianto rilascia stress, tensione ed energia.
Ripensandoci, ha senso. Anche noi adulti quando capita che siamo molto stressati, scoppiamo in un pianto liberatorio, e come dice quest’articolo “piangere è balsamo per l’anima (contro lo stress)” .
E anche i bambini provano stress, disagio e tensione e a volte il pianto è l’unico modo per liberarsene. Interessante, no?
Il pianto attira l’attenzione
Ora, immagina se tuo figlio non piangesse mai. Se il neonato non avesse lo strumento del pianto, come potremmo mai sapere che ha bisogno di aiuto?
Non saremmo in grado di rispondere ai suoi bisogni con prontezza e rapidità, perché non ci arriverebbe il segnale di “ho bisogno di aiuto”.
Perché vogliamo calmare il pianto del bambino?

Cosa facciamo di solito quando un bambino piange?
Il pianto, dunque, svolge un ruolo fondamentale. Non solo nel neonato, ma anche nel bambino in età prescolare e nei bambini più grandi.
Eppure, nonostante questa funzione vitale, la prima risposta che l’adulto ha è: devo calmare il pianto del bambino! Come faccio a farlo smettere di piangere?
Sin dalla nascita, siamo abituati a fare “shhh” a un neonato. Nella nostra mente, il neonato non dovrebbe piangere mai. Un bambino che si fa male, o che è triste perché deve tornare a casa, o che litiga con il fratellino, non deve piangere! Che aspettativa irrealistica che abbiamo…
Il pianto ci mette a disagio
Il motivo per cui rispondiamo con tanto fastidio, agitazione o rabbia al pianto del bambino dipende da credenze e convinzioni con cui siamo cresciuti e che ci sono state tramandate.
Abbiamo imparato fin da piccoli che piangere è sbagliato, è da femminucce, lo fanno i bambini piccoli. Ci è stato detto che “non si piange in pubblico”, “non lo vedi che tu stanno guardando tutti!”, “che vergogna”.
Ancora di più se i figli non sono nostri, il pianto ci infastidisce, ci irrita, lo troviamo spesso irrazionale e inutile. Disturba la nostra quiete mentale, ci distrae dai nostri obiettivi o dalle cose da fare.
E se piangere fosse esattamente quello che il bambino deve fare?
Se in quel momento l’unica forma di espressione a disposizione del bambino è il pianto, dovrebbe forse smettere di comunicare?
Il pianto manifesta esteriormente quello che il bambino attraversa dentro
Piangendo, il bambino risponde alle sensazioni ed emozioni che prova dentro, alle quali non sa ancora dare un significato.
Possiamo quindi affermare che il bambino che sente di piangere, sta facendo esattamente quello che deve fare!
Calmare il pianto del bambino non è solo inutile, ma trasmette al piccolo dei messaggi. Non puoi esprimere quello che provi, non mi piace sentire che hai un bisogno, non voglio farmi vedere con te quando il tuo corpo ha queste reazioni.

Cosa fare invece di calmare il pianto del bambino?
Capire che il pianto non è sbagliato o negativo
Invece di entrare nel panico, non appena lacrime e urla iniziano a farsi spazio nel bambino, dobbiamo capire che piangere fa bene.
Piangere è una risposta fisiologica a un bisogno, un’emozione, un dolore, una situazione che turba il bambino.
Dobbiamo smettere di etichettare questa espressione esteriore come negativa o sbagliata.
Esserci
Il bambino ha bisogno di sapere che ci sei, che lo vedi, che lo accogli.
Ha bisogno di sapere che quando ha bisogno, può contare su di te.
Nel libro di Dan Siegel e Tina Bryson intitolato Esserci, gli autori approfondiscono il tema dell’attaccamento. E spiegano come per crescere con un sano legame di attaccamento, un bambino debba sentirsi protetto, visto, consolato e tenuto al sicuro.
Da nessuna parte nel libro si dice che il pianto del bambino deve essere interrotto, fermato, zittito. Consolare significa confortare, aiutare a superare le difficoltà.
Accompagnare il bambino alla serenità
Lasciamo che l’onda emotiva faccia il suo corso.
Una volta che siamo presenti e che sappiamo che il nostro compito non è calmare il pianto del bambino, ma rispondere ai suoi bisogno con prontezza, possiamo accompagnare i nostri figli alla serenità.
Nuova missione quando il bimbo piange
Allora, se abbandoniamo la missione di calmare il pianto del bambino, prendiamoci invece la briga di accettare le sue emozioni.
Essere presenti nel momento difficile aiuta il bambino ad attraversare con più serenità ciò che sta vivendo nel suo piccolo mondo.