Cosa sapere sulla dipendenza da videogiochi nei bambini?
Ci sono parecchie cose che ogni genitore dovrebbe sapere sulla dipendenza da videogiochi nei bambini.
Ma siccome a volte facciamo difficoltà a credere a ciò che leggiamo, questa volta non sarò io a parlartene.
Nell’episodio n. 205 del mio podcast, ho lasciato spazio al mio ospite speciale, che ha condiviso senza peli sulla lingua la sua dipendenza dai videogiochi, dalla pre-adolescenza all’università.
Se sei curioso di scoprire come ha convissuto con la sua ossessione-passione per i videogiochi (e come ne è venuto fuori), premi play! Oppure continua a leggere questo articolo riassuntivo.
La dipendenza da videogiochi nei bambini: è così grave?
È vero: probabilmente i genitori di oggi si allarmano per troppe cose, alcune non importanti.
Ma se c’è un argomento che non dovremmo prendere mai sottogamba è la realtà dei videogiochi.
In tanti altri articoli ti ho parlato dei danni che tecnologie e schermi possono provocare sui bambini.
A cominciare da problemi alla vista, fino all’impatto sulle connessioni neurali. Per non parlare dell’abbassamento del livello di attenzione!
Insomma: i videogiochi e molte altre novità tecnologiche non sono esattamente una soluzione sana per i nostri figli. Eppure ne siamo circondati!
Cosa faremo? Torneremo all’età della pietra? Vieteremo categoricamente tutti i dispositivi digitali, rischiando che diventino l’oggetto più desiderato? O acconsentiremo il loro utilizzo, senza curarci delle conseguenze?
Prima di rispondere a tutte queste domande, lascia che ti presenti l’ospite che ho intervistato.

Ciao, mi chiamo Silvia!
Italiana trapiantata in America
e mamma di 3 bambini.
Ho scoperto come alleviare la fatica di crescere i figli
con strategie pratiche ed efficaci!
Seguimi anche su instagram @mammasuperhero
Patrick Deane: da giocatore ossessionato a padre consapevole
Penso che non ci sia niente che possa avere più impatto sulle nostre decisioni, quanto una storia di vita vissuta.
Ecco perché oggi ti presento Patrick Deane.
Patrick Deane è dirigente di una delle tre banche d’affari più grandi del mondo. A lavoro gestisce un team di più di 100 persone, mentre a casa è padre di 3 splendidi bambini con la moglie Francesca Deane.
Da sempre i videogiochi sono stati la sua più grande passione. Passione che, però, a un certo punto ha sfiorato l’ossessione.
Continua a leggere per scoprire la sua storia…

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Una storia di dipendenza da videogiochi e di nuova consapevolezza
La mia intervista a Patrick Deane
<Da quando i giochi sono la tua passione? Quando hai iniziato? E quanto giocavi?>
Io ho sempre giocato. Ho iniziato forse dai 13 ai 21 anni e giocavo per almeno un paio di ore ogni giorno.
Era una passione o ossessione, una vera priorità nella mia vita: partecipavo a competizioni e molti dei miei amici appartenevano al mondo dei videogiochi.
Per 10 anni è stata una cosa seria. Dopo l’università ho smesso, dando priorità alla carriera.

<Ci sono elementi che aiutano a capire se il gioco è una dipendenza. Per esempio se trascuri la famiglia, il lavoro, le relazioni per dare priorità al gioco. Oppure se menti riguardo alle ore trascorse davanti lo schermo. Sei d’accordo?>
Io ho vissuto tutte queste cose.
La mia definizione di dipendenza si ha quando il campo delle cose che ti danno piacere nella vita si restringe.
I videogiochi erano la cosa che volevo fare più di ogni altra e mi davano il massimo del piacere.
Ma è difficile capire che sei dipendente mentre ci sei dentro. Solo quando smetti, ti rendi conto di cosa hai vissuto.
<Sei un tipo molto intelligente. Penso che questa ossessione-passione non abbia mai intaccato la tua performance a scuola. O no?>
Sono sicuro al 100% che ha avuto un grosso impatto su di me, anche se non sono mai stato bocciato.

<Avevi dei limiti di tempo imposti dai tuoi genitori?>
Ogni giorno mia madre mi diceva di smettere. Aveva paura che io diventassi ossessionato e non si è mai resa conto che era già successo.
C’erano giorni in cui i miei genitori andavano a lavoro, pensando che io fossi rimasto a casa perché non stavo bene.
In realtà giocavo 12 ore al giorno ai videogiochi.
<Come hai fatto a smettere? Da solo?>
Si, io ho smesso da solo. All’università ho iniziato a giocare a poker (online): 8-12 ore ogni giorno.
Ho smesso solo quando mi sono reso conto che ero sempre infelice. Ho capito che questa tristezza costante mi stava rovinando la vita.
Anche per l’influenza della dopamina.
<Spiegaci che cos’è la dopamina e come funziona>
Non puoi parlare di dipendenza senza parlare di dopamina, perché è il fattore che influenza di più.
La dopamina è un neurotrasmettitore che regola la motivazione, l’energia, il senso di piacere o dolore.
Avere un sacco di dopamina ti porta ad essere motivato, avere enegia e provare piacere. Ma quando non ne hai abbastanza, non sei motivato, provi stanchezza e insoddisfazione.
Il problema fondamentale con la dipendenza (anche da videogiochi) è che hai un picco di dopamina. E solitamente dopo ogni picco, c’è il crollo.
Chi produce i videogiochi, sa esattamente cosa sta facendo con il rilascio di dopamina.
E infatti più nel gioco avvengono cose belle, più alto sarà il crollo che avrai dopo, più voglia avrai di tornare a giocare.
Per esempio Fortnite: quando uccidi una persona, c’è un rilascio di luci, suoni, colori ed esplosioni. E più questi momenti sono belli, più il tuo cervello vuole di nuovo quell’emozione. Stessa cosa avviene con Candry Crush.
<Quindi adesso, con le conoscenze che hai su questo argomento, cosa pensi dei bambini che giocano ai videogiochi? Quale sarà il tuo approccio?>
Io so che oggi devo fare qualcosa in quanto genitore, ed essere proattivo.
Perché se non faccio niente, i miei figli giocheranno ai videogiochi con un rapporto non sano (soprattutto perché sono i miei figli).
Ma voglio anche che i miei figli imparino le lezioni che io ho imparato dai videogiochi.

Ascolta qui per scoprire le 3 cose che i videogiochi gli hanno insegnato!
Questa è la mia strategia da genitore: dare un’alternativa, anziché proibire.
I limiti che mi hanno messo i miei genitori non hanno funzionato, perché provavo sempre a raggirarli.
E quando sono andato a vivere da solo, senza genitori, non avevo limiti.
Preferisco quindi attivare l’interesse dei miei figli con cose migliori, piuttosto che impedire solamente il videogioco.
<Se un genitore di un bambino un po’ più grande che gioca già da tempo, si accorge della dipendenza, come dovrebbe intervenire?>
Il bambino dovrebbe smettere per un mese.
Bisogna trattarla come una dipendenza vera e propria. In tutti gli studi, un mese è il tempo che ci vuole per liberarsi di una dipendenza.
Non importa la durata di gioco (da 2 ore a 1 ora al giorno). Deve smettere e basta.