Educare un adolescente con rispetto è possibile?
Da quando ho adottato il respectful parenting, mi piace pensare che oltre a vivere un’infanzia più serena oggi, i miei figli avranno anche un’adolescenza più serena domani. Ma è davvero possibile educare un adolescente con rispetto? Nell’episodio n. 83 del podcast Mamma Superhero, ho fatto una chiacchierata con Francesca Di Cesare, educatrice professionale che si occupa principalmente di adolescenti e genitori di adolescenti. In questo articolo riporto alcune considerazioni e riflessioni sul rapporto genitori-bambini e genitori-adolescenti, sul ruolo del genitore e sui cambiamenti noti e meno noti del ragazzo in crescita.
Quali sono i frutti di educare un adolescente con rispetto
Educare senza punizioni sin da piccoli
La ricerca dimostra che per creare un sano legame di attaccamento, il neonato (e poi il bambino) deve sapere che l’adulto risponderà ripetutamente e prontamente ai suoi bisogni fisici, emotivi, cognitivi, relazionali, ecc. La presenza rassicurante del genitore nei primi anni di vita aiuta il bambino a crescere sicuro, creando un buon legame genitore-figlio.
Nella disciplina tradizione, in cui il genitore è superiore e comanda dall’alto in basso, la punizione comunica al bambino che la persona che dovrebbe aiutarlo a superare crisi e difficoltà gli è nemica (sculaccioni, sgridate), che non può contare sull’adulto quando sbaglia (disprezzo, vergogna), che l’adulto lo rifiuta e lo allontana in caso di errore e che è solo al mondo (isolamento, sedia per pensare). Ho semplificato grossolanamente, lo so. Ma, in breve, è più o meno così.
Educare un bambino con rispetto significa accompagnarlo alla maturità, tenerlo al sicuro e dargli al contempo la sua autonomia. Facile? Ma quando mai! Però è la strada giusta. E lo so perché nell’intervista con Francesca abbiamo guardato un po’ al futuro, indagando su cosa succede ai bambini che crescono con questo tipo di educazione.

Preadolescenza e adolescenza
Francesca ci dice che se noi siamo capaci di creare un rapporto di fiducia, rispetto e ascolto durante l’infanzia, questo fornisce ai ragazzi degli strumenti in più. Si tratta dei cosiddetti fattori di protezione, che costituiscono un piccolo bagaglio che consente al bambino di affacciarsi meglio all’età adolescenziale e a quella adulta. In breve, il ragazzo ha sviluppato competenze che lo aiutano a gestire con successo situazioni difficili.
Solo buone notizie?
Esiste però anche l’altro lato della medaglia. Più è solido e stabile il rapporto con i genitori, meno i ragazzi hanno timore di distruggere questo rapporto. I ragazzi con un attaccamento più sicuro sono quelli che a volte sfidano di più mamma e papà. E perché mai dovrebbero voler distruggere questo rapporto che hanno creato negli anni? Perché l’adolescente sente dentro di sé di dover rispondere a una “missione” innata e naturale: crearsi la sua identità.
L’obiettivo dell’adolescente è cercare la sua identità
Il compito dell’adolescente è quello di crearsi la sua identità. Come se la crea? Tramite la separazione dai genitori e la ricerca di sé. Il bambino diventa un individuo. Lo è sempre stato agli occhi di chi adotta una visione diversa del bambino (come dice Magda Gerber). Ma in molti casi, il bambino viene trattato come un essere senza volontà, desideri, preferenze, autonomia. Quello, però, è un altro discorso.
Tornando all’adolescenza, mentre per i ragazzi la separazione è sicuramente una cosa positiva, per alcuni genitori potrebbe essere doloroso o triste accettare il distacco. Tuttavia, penso che cambiando prospettiva e avendo consapevolezza di questo normale susseguirsi di eventi finalizzato alla creazione di una identità, qualsiasi adulto ragionevole converrà che è necessario che il ragazzo raggiunga la sua indipendenza e autonomia.

Metafora del campionato
Nell’intervista, Francesca cita Stefania Andreoli, psicoterapeuta, che paragona l’educazione al campionato. L’infanzia è la partita di andata e l’adolescenza è la partita di ritorno. Ovviamente, se la partita di andata è andata bene, si sarà facilitati. Ma il risultato definitivo dipenderà dalla partita di ritorno, ossia dall’adolescenza. Questo ci incoraggia, da una parte, a giocare bene nell’infanzia, e dall’altra a non condannarci per gli errori fatti, perché ci possiamo sempre rifare nell’adolescenza. Come dicono gli americani, “it’s a win-win”, cioè in ogni caso andrà bene.
Nel cervello di un adolescente
Da quando ho scoperto come matura il cervello del bambino, mi sono appassionata. Con Francesca, ho imparato quello che succede nel cervello di un adolescente.
Il cervello di un adolescente è ancora fortemente immaturo. Sappiamo bene che la corteccia prefrontale non matura fino ai 20-25 anni. E nonostante la capacità di linguaggio, l’uso della logica e altre facoltà mentali sembrino piuttosto sviluppate, non dobbiamo ignorare che durante l’adolescenza i ragazzi sentono una gran confusione, e questo deriva proprio dalla struttura cerebrale.
L’adolescenza è un’età in cui il cervello non è ancora integrato, cioè la parte bassa e la parte alta non comunicano con facilità. Nella parte bassa risiedono impulsi, istinti, emozioni, nella parte alta risiedono logica, capacità di ragionamento e problem-solving e altre facoltà sofisticate. È proprio in questi anni che il cervello dell’adolescente inizia a collegare la parte inferiore e la parte superiore. Questa fase di integrazione permette di operare scelte, mettendo insieme la parte più intuitiva ed istintiva, la parte bassa, con la parte più razionale, chiamata cervello esecutivo. Solo quando queste parte si collegano il cervello è giunto a maturazione.
Non ci dovrebbe sorprendere allora che gli adolescenti a volta fanno proprio delle scelte stupide! Come se non prevedessero le conseguenze! È proprio cosi: non prevedono le conseguenze perché il cervello non glielo permette.

Approccio del genitore nell’infanzia e nell’adolescenza
Come nell’infanzia, anche nell’adolescenza il genitore può rimanere leader sicuro. Il modo in cui il ruolo si definisce, però, si modifica in base all’età e alle fasi di sviluppo. La pubertà costituisce un cambiamento enorme, e inizia intorno agli 11-12 anni. I cambiamenti sono a livello fisico, ormonale, neurobiologico e relazionale. Il genitore riesce comunque ad esercitare un ruolo autorevole, e rimane una figura che fissa limiti chiari e costanti, anche senza punire.
In questa fase, il compito del genitore è quello di aiutare il ragazzo nella ricerca della sua identità, lasciando maggiore privacy e riservatezza, e incoraggiando l’autonomia. Un buon genitore deve avere la capacità di creare una serenità maggiore, abbassando il livello di tensione. L’adolescente deve avere sempre il messaggio che il genitore c’è. Pur lasciandogli autonomia e indipendenza, il genitore deve garantire la propria presenza e disponibilità e lasciare aperto il dialogo.