(Articolo di Rachel Nielson, conduttrice del podcast “3 in 30” che affronta tematiche legate ai figli e alla maternità. Tradotto e pubblicato con il consenso dell’autrice. Per ascoltare o leggere l’originale in inglese, visita www.3in30podcast.com.)
Ieri mio figlio Noah ha compiuto un anno. È difficile crederlo. Il figlio della mia amica è nato qualche giorno prima di Noah e poco tempo lei ha fa scritto su Facebook che questo è stato “assolutamente l’anno migliore della sua vita”. Pensando alle sue parole, mi sono chiesta se anch’io mi sentivo così. Non ne ero sicura.
Quest’anno è stato incredibilmente bello, ma anche incredibilmente difficile. Anche se ho sempre saputo di non poter essere una madre perfetta (e in tutta onestà, chi può esserlo?), penso che, in fondo, speravo di sorprendermi.
Mio marito e io abbiamo adottato nostro figlio dopo anni di trattamenti contro la sterilità e delusioni nella procedura di adozione. Lui è il nostro miracolo dagli occhi azzurri e dai capelli selvaggi, la nostra benedizione del cielo, dopo tante notti di lacrime e preghiere. Prima che nascesse, ho iniziato a credere che dopo una lotta così intensa per diventare madre, sicuramente sarei stata una mamma illuminata, saggia, infinitamente paziente sin dal primo giorno.
Non è stato così. Per niente. E riconciliare il divario tra la madre che speravo di essere e la madre che in realtà sono a volte mi ha resa più umile ma mi ha anche portato dolore. In fin dei conti, è stato un percorso di crescita inestimabile.
Durante i primi sei mesi di vita, Noah non smetteva quasi mai di piangere. Quei giorni di coliche erano lunghi e molto, molto duri. A livello razionale, sapevo che questi mesi sarebbero passati, che nel frattempo dovevo essere più paziente e ottimista, ma spesso tenevo tra le braccia il mio bambino e piangevamo tutti e due.
Ero gelosa quando sentivo che i bambini delle mie amiche dormivano a lungo e stavano tranquilli nei loro lettini, guardando le mamme che lavoravano a vari progetti. Mi sentivo in colpa quando le persone che sapevano della lunga attesa che avevamo sopportato per avere Noah mi dicevano: “Scommetto che ti stai godendo ogni momento”. Perché, in realtà, la risposta era no. C’erano tante cose della nuova vita da mamma che amavo, ma non amavo le ore di urla e il senso di inadeguatezza, isolamento e sfinimento. Significava che fossi una ingrata? Ero forse una mamma orribile?
Con il passare del tempo, Noah è diventato più felice, ma io avevo ancora le mie difficoltà. Amavo essere mamma, ma non mi piaceva sempre stare a casa con lui. Pensavo di essere pronta a lasciare la mia carriera di insegnate di inglese alla scuola superiore, ma ho scoperto che mi mancavano i miei studenti, mi mancavano i miei colleghi e mi mancava la sensazione di sentirmi competente alla fine di ogni giornata. Senza la struttura di un lavoro, con orario fisso e scadenze ben definite, non riuscivo a obbligarmi a usare bene il mio tempo e mi arrabbiavo continuamente con me stessa per questo. Non c’entrava niente Noah; lo amavo alla follia. Ero io che mi sentivo frustrata.
Riflettendo su quest’anno passato, so che ci sono stati tanti momenti in cui sono stata egocentrica e ben lontana dalla madre che speravo di essere. Eppure, nonostante tutte quelle debolezze, sono stata brava in tante cose.
Mi sono presa cura del mio piccolo. Me lo sono coccolato, avvolgendolo tra le mie braccia e appoggiando la testa sui suoi capelli morbidi, mentre gli davo il biberon. Era l’unico momento della giornata in cui stava fermo, e quindi ne approfittavo. Gli ho detto che lo amavo ogni giorno, cento volte al giorno. Ho preso la decisione di non urlare quando si innervosiva a fine giornata, e invece lo portavo a passeggio per le strade, indicando i cani, le nuvole e i furgoncini dei postini. Gli permettevo di darmi da mangiare con le sue manine sporche, facendo finta di sgranocchiare qualcosa dalle sue dita appiccicose, il che lo faceva sempre ridere tanto.
Mio figlio mi ama, nonostante tutte le mie imperfezioni, e io lo adoro. Mi sorprende quanto sia cresciuto e cambiato in un anno. Come è possibile che sia passato da neonato paffutello a bambino coraggioso? Come è possibile che solo un anno fa non fosse in grado di alzare la testa e ora corre per tutta la casa? I cambiamento fisici e mentali sono incredibili e così evidenti che a volte è difficile per me riconoscere che nella foto è cambiata anche un’altra persona. Sebbene all’apparenza sembro la stessa di un anno fa, sono cambiata forse tanto quanto Noah.
Mentre lui imparava a mangiare, camminare e comunicare, io imparavo a regolare le mie aspettative, tenere duro nei giorni più difficili, apprezzare quello che avevo ricevuto e trovare gioia nei momenti semplici.
Imparavo a essere una madre.
Ripensando alle difficoltà, ai cambiamenti, alla crescita e alla gioia, è facile per me vedere che forse, forse, questo è stato l’anno più bello della mia vita.
DOMANDA: Come ti ha cambiato il primo anno di maternità? Quali sono stati i tuoi punti deboli e i tuoi punti di forza?
SFIDA: Siediti e rifletti sul tuo percorso di madre. Fai una lista di come sei cambiata. Riconosci e festeggia la crescita che hai vissuto e poniti degli obiettivi per il futuro. https://3in30podcast.com/captivate-podcast/power-of-moms/
Traduzione di Silvia D’Amico https://www.damicotranslations.com/