Senso di colpa nelle madri
Leggi o ascolta la mia intervista a Sara Baggetta
L’altro giorno ho avuto l’occasione di intervistare la psicologa perinatale Sara Baggetta. L’argomento della nostra conversazione è un tema sempre attuale: il senso di colpa nelle madri. Ma questa volta, anziché essere io a condividere i miei pensieri (come ho fatto nell’episodio n. 21), Sara mi ha incantata con le sue riflessioni. Il risultato è stato illuminante e non potevo tenerlo tutto per me!
In questo articolo riporto alcune domande e risposte sugli argomenti più interessanti dell’intervista. Se vuoi ascoltare la nostra chiacchierata per intero, la trovi nell’episodio n. 112 del mio podcast. A fine pagina, inoltre, puoi scoprire tutte le informazioni utili per connetterti con Sara e usufruire dei suoi servizi.
Sara: giovane psicologa e mamma
La sua analisi sociale, psicologica e culturale sul senso di colpa nelle madri

Prima di riportare la mia conversazione con Sara, lascia che te la presenti.
Sara Baggetta, psicologa dello sviluppo e dell’educazione, è specializzata in Psicologia Perinatale e si occupa di sostenere le coppie dal momento della gravidanza, fino ai primi anni di vita del bambino. E come se non bastasse, oltre a curare la relazione genitori-figli altrui, Sara è mamma di due bimbi (4 anni e 1 anno e mezzo).
In quanto lavoratrice, anche lei conosce bene il senso di colpa che si insinua nelle madri, e che è radicato all’interno di una società moderna, molto diversa da quella dei nostri genitori. Quindi non ho potuto tirarmi indietro, e le ho chiesto cosa ne pensa di questa ombra che investe tutte le mamme. Il risultato? Eccolo qui!
Vuoi saperne di più? Per te il mio articolo “Come combattere il senso di colpa”.
La vera causa del senso di colpa nelle madri?
L’ideale di maternità che abbiamo interiorizzato

Da cosa deriva questa sensazione di noi mamme di sentirci sempre sbagliate?
Siamo tutte nella stessa barca. Nel corso della nostra vita, tutte abbiamo interiorizzato un mito legato alla maternità e abbiamo avuto dei modelli materni. Quando diventiamo mamme, ecco che riproponiamo quell’ideale. Il mio ideale, per esempio, era: niente lettone. Perché all’università c’era questo pericolo dell’attaccamento. Tutt’ora ci sono colleghi di altri ambiti di psicologia che, quando si parla di co-sleeping o allattamento fino a due anni e oltre, o altro, inorridiscono.
Ma è così: ci costruiamo un’ideale di maternità che interiorizziamo. E nel momento in cui diventiamo mamme, lo riproponiamo. Non si tratta solo dei ricordi infantili della relazione con i genitori, ma anche della figura materna che ci viene presentata in quanto donne.
Ma questi ideali sono sempre chiari e consapevoli? O il senso di colpa può affiorare nelle madri senza che se ne rendano conto?
Spesso e volentieri i sensi di colpa sono nascosti. “Mi sento in colpa, e non so nemmeno perché”. Noi italiane abbiamo immagazzinato un certo ideale di mamma. A livello culturale abbiamo dei miti legati alla maternità che sono molto nascosti. L’essere madre va a scontrarsi con i nostri sogni, e questo ci influenza in modo subdolo. Perché io, magari, sogno una maternità dove la donna riesce a bilanciare i vari aspetti della propria vita.
Ma se dall’esterno, a livello culturale, vengo bombardata e influenzata, nel momento in cui dovrò lasciare mio figlio a terzi, ecco che inizia la fatica.
E quindi, come si smascherano queste convinzioni limitanti, nascoste? Come si fa a scoprire una cosa di cui non si è consapevoli?
La prima cosa utile da fare è fermarsi. Nel momento in cui sento il senso di colpa (così come si fa con tutte le altre emozioni), mi fermo un attimo e cerco di analizzare quell’emozione. È un po’ quello che facciamo con i bambini per aiutarli a gestire le loro emozioni. D’altronde dal senso di colpa possono nascere altri sentimenti.
Quindi bisogna prendere consapevolezza di quest’emozione iniziale (anche se è faticosa), e anziché rimuoverla, possiamo trasformarla. Prendo il senso di colpa e cerco di analizzarlo, cerco di riflettere per capire cosa mi sta comunicando.
E quando siamo noi stesse a credere di non meritarci del tempo per noi?
Succede che non ci diamo neanche il permesso! Dopo aver riflettuto su ciò che il senso di colpa ci sta comunicando, dobbiamo trasformarlo in qualcos’altro. Piuttosto che dire “Oh no, sto togliendo qualcosa a mio figlio” (tempo, attenzioni, ecc.), guardiamo l’altra faccia della medaglia. E cioè: cosa sto offrendo a mio figlio? Magari gli sto offrendo l’opportunità di relazionarsi con altre persone all’infuori di me.
Quando mi prendo del tempo per me stessa, offrirò sicuramente a mio figlio una versione di me più serena ed energica.
Quando deleghiamo istruzioni o affidiamo i nostri figli ad altri, c’è anche un altro ostacolo: la gelosia.
Qui dobbiamo andare un po’ a sviscerare questo iper-attaccamento da parte della mamma. Da cosa deriva? Che cosa significa per me essere onnipresente nella vita di mio figlio? C’è qualche mancanza in me? Perché non riesco a delegare? Cosa mi ostacola?
Forse si tratta dell’ideale di maternità che ho interiorizzato, che mi dice che devo essere il top in tutto (madre, moglie, compagna, e altro). O forse ho instaurato una specie di dipendenza nei confronti di mio figlio. In questo caso, stiamo dando un carico troppo pesante ai bambini, e non ce ne rendiamo conto.
La diade mamma-figlio è la primissima relazione, dalla quale poi nascono tutte le altre relazioni. Per questo dobbiamo fare attenzione.

È semplice fare questo percorso introspettivo da sole? O sarebbe meglio un percorso guidato?
Sicuramente avere un supporto da parte di un professionista va a rendere più “semplice” questo viaggio. Perché in fin dei conti lo psicologo è quel compagno di viaggio che ti aiuta a scendere negli abissi della tua psiche, per cercare poi di rinascere con una veste nuova.
Il percorso psicologico, può durare poco o tanto, interrompersi, riprendere, perché si basa sugli eventi della nostra vita. Ma indubbiamente può aiutarci a mettere in luce degli aspetti che da sole non avremmo mai preso in considerazione.
Si parla spesso del senso di colpa nelle madri. Ed è raro che siano i papà a sentirsi in colpa. Come mai?
I papà non sentono molto il peso perché, partendo dagli ideali sociali e culturali, sono sempre stati coloro che portavano il pane a casa. L’uomo è sempre stato visto come colui che va a lavorare: esce dal nido familiare e rientra dopo aver lavorato. La donna, invece, è sempre stata colei che si prende cura dei figli e dell’aspetto educativo.
Oggi nel 2021 questa visione non è più possibile. Vedi i Paesi poco più a nord dell’Italia, dove i padri hanno gli stessi diritti delle donne.
Da un lato abbiamo il senso di colpa materno, mentre dall’altro lato anche i papà iniziano a urlare a gran voce per avere il loro spazio nell’educazione dei figli. Stiamo vivendo una rivoluzione all’interno delle nostre famiglie. Forse per i nostri figli sarà qualcosa di assolutamente naturale, e godranno di ogni tipo di supporto anche da parte dello Stato.
Okay lottare per il supporto dello Stato. Ma mentre questo supporto non c’è, forse possiamo allentare con il senso di colpa?
Assolutamente! Anche nel mio piccolo, io posso riflettere e cercare di capire cosa posso fare, chi mi può aiutare (asilo nido, baby sitter, nonni) e quanto il mio stesso partner può sostenermi. Forse dovremmo partire proprio dalle basi, e cioè dalla coppia. Prima che nasca il neonato, possiamo già parlare delle aspettative: cosa farò io in quanto madre, cosa farai tu in quanto padre? Possiamo vivere la coppia come un team dove ci si aiuta e ci si divide i compiti.
A volte il vero supporto che desideriamo non è un aiuto pratico. Ma ci basta sapere che il partner si accorge del lavoro che stiamo facendo. È così secondo te?
Concordo, perché spesso e volentieri non è l’aspetto pratico che ci manca, ma quello emotivo. Perché la mamma porta la sofferenza del non essere riconosciuta. E non solo! Molte mamme si lamentano del fatto che bisogna dire esplicitamente ai propri partner ciò che si deve fare. Mentre noi mamme facciamo tutto senza che ci arrivi una richiesta diretta da parte dei papà.
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